Come sempre accade in occasioni simili, si sparsero diverse voci su presunte apparizioni a sorpresa. Venne notata la presenza di uno scout vestito con un cappotto a trequarti, luccicante lame e cosparso di pezzi di cristallo. Pareva si muovesse senza toccare terra come il Fantasma di Natale. Aveva sposato lo scouting. E sparsele osservazioni per tutto il weekend come parmigiano sugli spaghetti. Se ne stava accovacciato al sole con una camicia color porpora con il suo binocolo verdino a tracolla.Dava l’impressione di una solitudine assoluta. Pareva un sogno Navajo: “il guerriero prima della caccia”. Si intravedeva altresì l’immagine di una chiocciola che sebbene senza volerlo lasciava una traccia indelebile rivelando un suo cammino. Dentro il campo c’era una piccola zona di riscaldamento munita di cinesini e il preparatore picchiava fortemente le sue mani su sé stesso eseguendo classiche figure ritmiche. Un brivido di apprensione serpeggiava nell’aria. C’era la sensazione di qualcosa di incontrollabile, con tutte le conseguenze gradevoli che la cosa comportasse. Se la svignò lasciando al talentuoso il compito di rilassare i pochi presenti, grazie al delicato gioco delle sue gambe. Nell’aspetto ricordava curiosamente un nordico; portava una maglietta bianca e capelli biondi raccolti in un’acconciatura quasi alla Pompadour. Impressionava sin da allora la velocità di gioco che sarebbe poi rimasta la chiave essenziale di ogni evoluzione tecnica. Lui è un talento, tecnica ed estro abbinati alla velocità. Serve che cresca per mentalità e carattere. Sono la sua colla speciale, per tenere insieme i pezzi della sua personalità, per appiccicare l’ego di chi si sente un numero primo al suo destino che è quello del talentuoso. Più che una intensa corsa ha quell’andatura della danza che è poi nella partita il ritmo del tempo di gioco, mai fuori, “sotto l’usbergo del sentirsi puro”. Si compie finalmente la vendetta del “gregario”. Purtroppo questa è la realtà della nostra società moderna, uccisa dalla pochezza del nostro tempo, in parte anche da quello che chiamiamo benessere e forse anche dalla cecità di molti dirigenti. Cecità significa senso di responsabilità in certe occasioni. Il dissidio covava sempre come il fuoco sotto la cenere dell’apparente concordia. Come nella “vita agra” si era spinto a paragonare la propria vita sportiva ad una partita con i calciatori che si marcavano vicendevolmente, facendo catenaccio per impedire al “rivale” di riuscire. I rivali della storia del calcio come storia d’Italia, catenaccio o contropiede o un’idea. E con la mente libera da passioni di parte apparve chiaro che in quell’anno caotico si poteva eliminare il grave contrasto. Aveva la faccia un po’ tirata ma solo perché aveva chiuso le tende. Teneva una bottiglietta di acqua con le bollicine in mano come una bibita offerta in una cerimonia ma scelta di fretta e di malavoglia nella tensione di una situazione che sembrava non finisse più. Anche nelle parole ci sono le loro strade, bisogna percorrerle. Dal baseball apprese aspetti che poi gli sarebbero stati utili nel calcio: lo sguardo globale ed il pensare in anticipo. Perché anche i talenti più puri hanno bisogno di essere educati. E osservandoli e muovendosi tra di loro ha potuto perfezionare i dettagli del gioco, una capacità che nemmeno 100 anni di studio possono dare: o ce l’hai o non ce l’hai. Oltre a divertirsi, lo scoutismo gli ha insegnato tante cose: ad elevare la sua mente, a coltivare intimamente il suo spirito sportivo più che a curarsi della ritualità esteriore; ad incanalare positivamente i suoi ardori e le sue irrequietudini. Non si può sottovalutare il ruolo sociale del calcio. Ci sarebbe bisogno di una bella bonifica meritocratica ma tanto è. E un particolare nel calcio può determinare il confine tra chi resta in piedi e chi cade. E’ un filo su cui stare in equilibrio; chi lo scopre per primo “sopravvive”.Ma l’astronave è ormai lanciata attraverso gli spazi; il talento sta dando fondo a tutte le sue energie e cavalca l’onda con la maestria di un surfista. Le giocate risuonano come un motore pronto a partire per un lungo viaggio. La teatralità era pura e semplice reazione alla gioia di giocare al calcio, esuberanza che nasceva da un’emozione, da qualcosa che il giovane sentiva dentro e dunque non poteva essere aperta e chiusa come un rubinetto. Non si preoccupava troppo degli errori. Tutti osservavano stupefatti. Eccolo qui. Non ha i piedi troppo grandi e i soldi cuciti nel cuore.Osservavaacutamente dalla sua postazione in fondo al campo vicino la porta.Ma perché bisogna vincere sempre? Perché viviamo in un mondo dove uno vale per quello che vince o guadagna e non per quello che è realmente…
TIKRIT65