NUVOLE ROSA

Il sole finiva di spegnersi ad intermittenza e la strada si faceva buia e si riaccendeva. Gonfio come la luna, livido, giallo. L’emozione non aveva voce, le mani fredde e umidicce mentre la mia mente si smarriva per pochi secondi nel concerto delle nuvole rosa e io naufragavo nei ricordi esausti.

Osservare non significa giudicare. Significa vedere davvero il mondo che ci circonda, avere conoscenza situazionale e interpretare ciò che gli altri ci comunicano a livello sia verbale che non. Alle nuvole rosa del Giro d’Italia hanno insegnato che la libertà va inseguita.

Pochi secondi dopo lo strappo di un terzetto in fuga, che prendeva slancio, forza guadagnando secondi preziosi, la nuvola rosa aveva assorbito ogni cosa ed era diventata poco più che uno stormo imbevuto di velocità, in simbiosi con i suoni, le sirene, gli applausi scroscianti di una moltitudine nella piccola rotonda della cattedrale.

La nuvola rosa se controllata è una emozione sana, ed è l’anticamera dell’azione. “Ogni occhio diceva Rodari si prende ogni cosa”. E’ come un fiume carsico che scorre per chilometri sotto la superficie e d’un tratto ricompare a sorpresa senza la fantasia un po’ folle che il futuro gli consente. Un odore impercettibile, come una cucchiaiata di nuvola. Una storia con un tale potere simbolico da viaggiare per tanti anni alla velocità della luce.

Raccogliere osservazioni sul ciclismo è un po’ come raccogliere conchiglie in riva al mare. Ne trovi sempre nuove. Ogni mareggiata ne porta altre, e ciascuno se ne può sbalordire come fosse la prima volta…

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