LA PUPA E IL CAVALLO ( di LUCIANO VERRIGNI)

I Cristiani nella Settimana Santa, quella che parte dalla Domenica delle Palme e si conclude con quella di Pasqua celebrano gli eccezionali eventi di fede che riguardano la Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo. Nei tempi passati della mia giovinezza i fedeli vivevano queste giornate con molta partecipazione – attiva e fattiva – e ricordo vari riti religiosi che penso ancora esistano, a cominciare da quella in cui le campane venivano legate e le immagini sacre, all’interno di tutte le chiese, coperte. Ricordo che il Giovedì Santo c’era un rito importante: quello della lavanda dei piedi a dodici persone che simboleggiavano gli Apostoli. In questo giorno c’era pure il rito della Adorazione del Santissimo che avveniva con visite,da effettuarsi in numero dispari, a varie chiese e questo girovagare veniva definito coma la Visita ai Sepolcri. In ogni Chiesa veniva ricordata la morte del Signore con propri particolari arredi religiosi e solo un elemento estetico comune era presente in tutte le chiese ed era conseguente a un piccolo compito che veniva affidato ai ragazzi: consisteva nel’l adornare il Sepolcro con vasi preparati dai medesimi che si erano dovuti preoccupare di far germogliare – al buio – dei semi di grano i cui steli senza la luce crescevano dritti, chiari e biondi e, per questo, erano molto belli da vedere. Il Venerdì, nel pomeriggio, c’era la Via Crucis con l’esposizione del Cristo Morto che poi veniva ricordato con la Processione. Le processioni, in qualsiasi località si svolgessero, erano tutte sentite con intensità e si svolgevano con tanta partecipazione di fedeli e anche di numerosi osservatori affascinati dal rito. Il giorno di Sabato era dedicato al silenzio, al raccoglimento e alla preghiera e, a fine giornata, venivano sciolte le campane. Accanto ai riti religiosi c’erano quelli della tradizione familiare, che in Abruzzo erano molto rispettati, e mi piace ricordare quello della Benedizione delle Uova e dei Dolci; tra questi la Pupa e il Cavallo poiché avevano una importanza maggiore nel ricordo dell’’Ultima Cena. Le uova, che rappresentano il simbolo del dischiudersi della vita nella stagione di primavera quando la natura si ridesta e si rinnova, venivano bollite per farle diventare sode e, poi, quasi sempre colorate a mano dai fanciulli e venivano dette “pinte” ovvero dipinte. I rituali dolci – rigorosamente fatti in casa e, possibilmente, da preparare senza stampo – erano soprattutto la Pupa a forma di conca, per le femminucce, e il Cavallo, per i maschietti. Questi due dolci erano, nella sostanza, dei biscottoni che avevano incastonato un uovo sodo tenuto da due strisce di pasta a forma di croce e con due chicchi di caffè sulle facce delle figure a rappresentare gli occhi e guarniti con piccoli confettini dolci e colorati, di solito per mano dei bimbi a cui erano destinati. Questi cibi venivano consumati il giorno di Pasqua e dovevano essere devotamente benedetti. Il rito della Benedizione avveniva alla prima Messa del mattino pasquale per cui ci si recava in chiesa con le uova messe dentro dei cestini oppure in un piatto dentro una mappina ripiegata ai quattro pizzi poi annodati tra loro mentre Pupa e Cavallo venivano portati in chiesa sopra un piatto da portata o su un vassoio. A volte, poiché i bimbi non si alzavano all’alba, uova e dolci venivano lasciati in Chiesa sui banchi di prima fila la sera del sabato (all’epoca non c’era la Messa di mezzanotte) per essere poi ritirati in mattinata in una Messa successiva. Ai grandi era riservato un altro prodotto rustico eccezionale della tradizione pasquale abruzzese, che non godeva però del privilegio della benedizione, i fiadoni!
Sritto da – Luciano Verrigni