Il Maestro è una persona fisica che si incontra per un certo periodo di tempo, un’ora, un anno o forse più, ma che lascia dentro ognuno di noi un valore,con l’impegno di trasmetterlo ad altri. Diceva Bernardo di Chartres: noi siamo nani sulle spalle dei giganti. Non si può prescindere dal passato. E non si può non adorare, venerare chi è venuto prima di te, e ha fatto la storia della tua professione. Nella vita non contano i passi che fai, né le scarpe che usi, ma le impronte che lasci. Ognuno di noi ha un paio di ali, ma solo chi sogna, impara a volare. Tutto solo perché sono “malato” di calcio. Ed ho voluto dare seguito a questa mia passione. Spero di dare una mano ai ragazzi che ora non hanno una grande visibilità, e magari tra un po’ vedranno un’altra ribalta. Come insegna il Piccolo Principe: “l’essenziale è invisibile agli occhi,finchènon lo vedi con il cuore”. L’ambiente familiare, quello di una volta, ha ancora un volto che sa stare nel calcio. La forza di questo piccolo club è sapere che tutto va fatto con un senso, e senza sogni smisurati. La differenza tra vittoria e successo. Dai il meglio di te stesso, sempre. Quello che verrà lo accetteremo con il sorriso. Ciò che conta è quello che impari dopo che conosci già tutto. Se hai vinto o hai perso, lo sai tu sotto la doccia calda. Se hai dato tutto hai vinto, se non hai dato tutto hai perso. Il tabellone è un’altra cosa. Lo spirito, la voglia di vincere e la voglia di eccellere, sono le cose che durano. Queste qualità sono molto più importanti degli eventi che accadono. La vita è così, triplette che vanno, e triplette che vengono, ragazzi che stanno riprendendo a sognare, e altri che ricominciano a farlo, folletti che per una notte sono re, e un uomo di mezza età che ha capito che per giocare a pallone, occorre tornare bambini. Il pallone intanto rotola a valle, prende coraggio e velocità. Corre in discesa, e diventa slavina… E le cose da osservare erano talmente tante, che la testa mi faceva quasi male; chiusi gli occhi e poi li riaprii, perché era un po’ come volare, ma volare rasoterra, e volare è una cosa bellissima. I ragazzi muovevano la palla su un campo in erba naturale, bagnato dalla pioggia, ed era un tipo di gioco basato sulla circolazione e possesso di palla. La base era il gioco collettivo, e il pallone circolava molto, attaccando gli spazi, appena erano sotto pressione. C’era la disponibilità di tutti i ragazzi che avevano talento. Alla fisicità esasperata, specie quella del calcio moderno, abbiamo sempre anteposto l’elogio del bel gesto tecnico. Ma la bravura ovviamente da sola non basta, occorre tanta applicazione e sacrificio costante. Credo sempre che le squadre migliori a livello giovanile non sono quelle che vincono di più, ma quelle in cui hai dato un’impronta tale, che consentirà alla maggior parte del gruppo di arrivare in alto. “Gesticolava, muoveva le mani come se stesse dirigendo un’orchestra di cuori. Doveva sincronizzarne i battiti, farli aumentare, portarli ad una soglia altissima, sapendo meglio di tutti che la chiave per aprire lo scrigno è il concerto, non la performance del solista… The next…
TIKRIT65