Quel che succede laggiù a Riad supera ogni umana credenza. Questa partita che pareva dovesse sorprendere ed inorridire il mondo con la sua fulminea terribilità si risolve in un gioco incruento trascinandosi miseramente all’infinito tra gli sbadigli dell’Europa spettatrice. Così tra l’esaltazione saudita e la retorica europea, questa “guerra” deplorevole ed inutile a furia di bombardamenti amabili e di stratagemmi curati minaccia di durare eternamente come un football del mare.Finalmente si gioca. Tutti a tifare Ronaldo e ad indossare sciarpe e bandiere bianconere. Poche pecore nere biancoblu, quelle che Montale avrebbe potuto definire “gli anelli che non tengono”.E si continua a vivere invece in mezzo a questo mondo sportivo materiale, fisico, esteriore, ma con un barlume di quella interiorità, di quella emozione che distingue l’uomo, il tifoso dal “bruto”. E quando la partita si avviva nel campo verdeggiante, tra la geometria delle linee bianche segnate con il “gesso”, pare che tutti i giocatori si propongono di risolvere quasi con felicità di danza astruse forme geometriche, o che a volte fissi sul pallone aereo facciano degli esercizi di astronomia. Il calcio ci fa tornare bambini, con il suo fremere che attende lieto e accorato, profetico; che cresce come un’onda gigante e si muta in un grido unisono tre volte e in uno scroscio di applausi emozionanti quando i giocatori vengono innanzi con la loro maglia colorata di biancoceleste. Spesso la mano elevata dei giocatori sembra prenderti la tua,come si usava ai balli di un tempo fa’. Apre le danze il Diez Luis Alberto al 16’che furbescamente piazza il pallone a fil di palo tra una selva di gambe. I suoi goalsonosempre romanzi di appendice più riusciti quando gli Ettore superano gli Achille. Pareggio momentaneo di Dybalaal 45’con un tap in facile facile. Il gioco non bastava più, la tecnica non bastava più. Per superare i forti avversari ci voleva il richiamo disperato della volontà, gli occhi della tigre. Nel gioco tormentoso massimi e minimi è sempre la volontà che decide. Le forze in conflitto si riducono, quasi si cristallizzano in verità essenziali. E’ il cuore che vince. E’ il cuore che spinge all’estremo traguardo il soldato di BosniaLulical 70esimo o giù di lì. C’è qualcosa di più della vittoria sportiva conquistata a prezzo di tecnica ed intelligenza in una partita faticosissima ed insidiosissima. Naturalmente alla tv anche la calma può essere un difetto e il descrittore della partita, improvvisando dalla gabbia di vetro attimo per attimo la sua narrazione, sostando, riprendendo, correggendosi, alzando e spesso abbassando il tono, quasi ci infondeva con la sola voce l’ansia che teneva nello stadio e nelle case le migliaia di spettatori e spettatrici, anzi le decine di migliaia. La Juventus flotta debolmente a centrocampo. La Lazio utilizzando una nobilissima tattica militare aspetta come gli Orazi contro i Curiazi e colpisce per la terza volta.Punizione sulla destra: sono in tre sulla sfera, confabulano. Qualcuno dentro di me dice: “fatela battere a Cataldi”! Batte proprio lui magistralmente con il suo destro felpato. A le feuille morte, a le feuille morte!!Come Mariolino nella sua ballata. Vola già felice un attimo prima che il pallone si insacchi prepotentemente all’incrocio dei pali al 94’. Come un’aquila reale e solitaria presenza nel cielo biancoceleste prima di essere sommerso dall’abbraccio dei compagni. Nobile spirito laziale.Tre a uno il risultato finale. La Lazio conquista la SupercoppaItaliana. Come balza subito agli occhi il concetto di primato che vuol dire sforzarsi di meritare un posto sempre più elevato. Lo spirito sportivo moltiplica e combina e porta alla più feconda espressione tre forze: disciplina, fantasia, lealtà che costituiscono la grandezza morale degli stati cosi come dei singoli. I nomi degli eroi corrono di bocca in bocca come un’ultima possibilità che gli viene offerta di compalpitare con gli altri, di sentirsi come tutti gli uomini tutti i giorni. Come ieri tra pane e cipolla, retorica patriottica e telecronache inventate, ogni Domenica nel nostro vecchio mostruoso mondo moderno folgora ancora la poesia della gioventù e della vecchiaia che suda…
TIKRIT65