Ciak, 3-2-1 azione, si giocava. Secondo tempo, quattordicesimo minuto. Il cielo si oscurò improvvisamente. Grossi nuvoloni a forma di cavolfiore si muovevano, occupando il cielo blu. Quei quattordici minuti, tramutatisi da attimi in fatali sul campo giuliese. Si era fermato il vento. Stella di mare non volava, ma seppe interiorizzare il dolore. Il pensiero era annichilito da ciò che vedevamo attorno a noi: le parole erano imbalsamate dallo stupore e dal non saper dire. Voleva vincere, ma sapeva perdere. Il bello di questa partita è che si può fare. Forse perché Stella di mare nel calcio investe emozioni di lungo corso, riscoprendo sempre l’adrenalina della sfida e il senso dell’appartenenza. Resta la palla da calcio. Quella gli piace da morire. Un metro e sessantacinque o giù di lì, dribbling secco e funambolico. Il Garrincha giuliese dicevano. Osservarla giocare è riposante, come vedere i pesci in un acquario. Eroica. Punta sempre alla bandierina e arriva quasi sempre. Gioca ala e si diverte. Il calcio è prima di ogni altra cosa divertimento. Ha rispetto e vive lo spirito primigenio dello sport. Porta nel gioco una misura classica, da eroina antica. Si schiera per il calcio spettacolo. Ha costruito pian piano il suo eremo con un talento che ancora una volta conferma il suo carattere di artista. Con la corazza addosso da armadillo, sarebbe stata adatta a qualche guerra di Omero. Ricerca della palla, controllo ed entusiasmo sono le basi. Equilibrio, consapevolezza e fantasia sono suoi omaggi graditi. Puntando su Stella di mare vincente..
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21 Aprile 2024