Le cronache parlavano di una rara giornata uggiosa, piena di nebbia, quasi il saluto di una grande ombra, all’ultima e incredibile decisione mancante. Dissero che inseguivano l’utopia ” quella cosa che aiuta a vivere; tu la insegui, fai due passi per avvicinarla e lei ne fa altri due e avanza, ma fa camminare gli uomini, anche nel calcio. Ci sono sogni che non si dimenticano. E lì, nel cielo plumbeo di Medellin, si infranse il sogno del Chapecoense. Ci riattacco’ il tifo. Il tifo per il calcio. E di come un pallone possa trasformare i più deboli nella rocca di Gibilterra. Quel supremo raggiungimento di rarità, azione ed equilibrio che è lo sport. Sembrava un gioco impossibile del destino, ma era solo naturale. Fu un’idea straordinaria: il gioco di squadra che trionfava nel collettivismo, andando per piccoli passi dalla Serie D alla Serie A brasiliana, sino alla finale della Coppa Sudamericana. Questo piccolo grande team aveva avvicinato tanta gente al calcio e adesso che è ripartita ha reso in tutti noi una grande gioia. Una squadra che usò il calcio per uscire dal proprio mondo, e provare a frequentarne uno più promettente. Sono stati un’idea importante dello stesso, avendo dato sostanza e serietà, passione e fantasia a quello che all’inizio era un esperimento impossibile. L’evoluzione del calcio è stato un viaggio eterno dentro questa formula. E il manifesto di questo schema erano i Chopa. C’era una finale da giocare e provare a vincere. In quelle due ore interminabili di sgomento e di speranza dopo l’improvvisa scomparsa dai radar, il Chape ha mostrato al mondo intero che molte volte quelli che chiamiamo miracoli non sono altro che la conseguenza di un favoloso stato di libertà mentale. Il Brasile li adorava perché il Chape era anche lo sport brasiliano, la sua sintesi più armoniosa. Il Chape era il Brasile e il mondo intero. Per lo stesso rappresentava la voglia di ripartire, di dedicare un po’ di tempo a sé stessi e alla propria voglia di sognare. Il Chape era una squadra famosissima in quel momento. Il suo stadio era una fortezza inespugnabile. Non tradiva mai, e nella sua superiorità era addirittura prevedibile. Come il torero che maramaldeggia per far felici i suoi ammiratori, spesso tergiversava, ma ogni suo passo sembrava previsto da un copione scritto apposta per rendere più bella la esecuzione finale. Gli ultimi minuti, secondi, sono stati quelli più difficili da gestire e fare lo straordinario esperimento di sentirsi un tutt’uno anche lassù. Hanno rappresentato l’opportunità e la possibilità di diventare degli eroi. Temerli significa rinunciare ad un’occasione di felicità. FORCA CHAPE SIEMPRE.
TIKRIT