Il sistema toglie spazio al tennis inteso come sfogo, come divertimento fisico, come gioco. L’esattezza del ruolo porta alla precisione del compito. Non si può più fare quello che ci piace, ma solo quello che si deve. Tutto deve essere armonizzato, nessuno può inventare. Il puro istinto, persino il talento deve essere regolato altrimenti sconvolge il lavoro comune. Il soldato ha solo il destino che qualcun altro gli dà.“Si sta davvero come sugli alberi le foglie” come scriveva Ungaretti. Paolo Canè è un ex tennista italiano, bolognese. Lo chiamavano atipico, in realtà era un grande talentuoso, anarchico, fuori dagli schemi; stava dove sentiva che potesse arrivare il punto decisivo per la vittoria. La sua differenza, il suo talento si applicava al tennis. Cercava gesti nuovi, rendeva tutto facile o insopportabile. Portava fantasia. Nessuno parlava di tattica. Assolutamente nessuno. Non era nemmeno previsto. Si doveva giocar bene come fosse una religione che pulisse l’anima. Un modo di vivere nel giusto. Se si cercava il gioco bisognava cercare la qualità. Era un tennis trasversale, libero, utopico. C’era spazio per i talenti. Potevano giocare e pensare. Qualcosa di nuovo sarebbe accaduto. Faccia stretta, capelli al vento, due occhi vivi, severi, furbi, spietati, occhi della tigre. Così vivo e impegnato pareva sempre tremolare dietro l’ardore di una fiamma. Continua presenza, grandi motivazioni ed invito al saccheggio degli avversari conquistati. Un tennis piratesco appunto. Dove serviva fermezza ci voleva rigore. Dove serviva fantasia doveva esserci massima libertà di espressione. Il talentuoso bolognese poteva contare su un dritto preciso e potente, un eccellente rovescio a una mano e un efficace volee. Il suo gioco era ricco di variazioni di ritmo che era l’ordine dei movimenti. Se pensiamo al tennis come ad una storia di idee Canè fu il cogito cartesiano pensato in una notte dentro una grande stufa spenta. Il tennis è pur sempre una pallina, ma il pensiero siamo noi. Ma è anche vero che quella pallina senza noi che gli diamo delle racchettate non avrebbe anima. Amava vedere le partite dentro la sua testa e francamente ne sbagliava poche. Forse era soltanto la sua coperta di Linus. Era talento puro, non imitabile. Amava i grandi spazi e l’idea di vita che c’era dentro. Né un soldato né un generale. Un diverso, un’anima libera condannata ad un straordinario talento.Questo diverso spirito, questo modo di essere un po’ fanatico ed impossibile da Spartani alle Termopili è il lascito più importante della grande scuola italiana di tennis.Vinse tre tornei ATP oltre a numerosi tornei minori, fra i quali Genova, Torino, San Marino, Dublino. Fu medaglia di bronzo ai giochi Olimpici di Los Angeles nel 1984 e raggiunse i quarti di finale nei giochi Olimpici di Seoul nel 1988. Vinse al primo turno contro Pat Cash che era tra i primi dieci al mondo.La sua migliore posizione in classifica mondiale fu la n.26 raggiunta nel 1989. Nel suo palmares vanta prestigiosi successi contro campioni come Jimmy Connors, Stefan Edberg, MatsWilander, Pat Cash e JoakimNystrom. Nel 1987 sul campo centrale di Wimbledon arrivò a due punti dalla vittoria contro il numero 1 del mondo, un certo Ivan Lendl in un match durato cinque set e suddiviso in due giornate. Nel primo turno della Coppa Davis 1990 a Cagliari fu assoluto protagonista del passaggio del turno contro la fortissima Svezia finalista delle sette edizioni precedenti dell’ex numero uno ATP MatsWilander, battendo lo stesso e vincendo contro Jonas Svensson completando l’impresa il giorno successivo imponendosi per 7-5 nel quinto set. Una grandissima vittoria che svegliò i sogni di tutti gli italiani. Continueranno a vincere i pochi fuoriclasse della Terra? O la fantasia di un talentuoso,le idee di un tecnico torneranno ogni tanto a cambiare il corso della storia? E quello che sapremo nei prossimi cento anni di tennis…
Ai microfoni di Pescara Informa il grande Paolo Canè
Che tipo di sport è il tennis essendo uno sport singolo?
Essendo uno sport singolo è molto difficile e devi contare sulle tue forze. Devi fare una grande programmazione e ci vuole grande spirito di sacrificio, costanza, determinazione. Perché sacrificarsi significa far di tutto per arrivare al traguardo, impegnarsi oltre ogni limite per ottenere il risultato. Perché il sacrificio è lavoro, fatica, allenamento, sfida ai propri limiti. Lo sport singoloti responsabilizza di più e ti accompagna nella propria maturazione, dandoti una grande forza a livello di persona e di uomo anche come forza mentale. Lo sport e il tennis hanno una sola ragione di esistere e cioè quella di preparare uomini sani.
Il talento non va né ucciso, né disperso. Va educato. Secondo lei?
Il talento oggi si vede un po’ meno. C’è un gioco più fisico e più veloce. Si gioca prettamente da fondo campo. Il talento conta. E con il talento devi nascerci. Se hai talento puoi costruirci sopra. Però il talento va educato e soprattutto per i ragazzi aiuta tantissimo nella vita.
Cosa significa essere forti mentalmente nello sport?
Significa credere nel lavoro che si fa. Molti hanno fretta. Prima di tutto c’è il divertimento, ma c’è anche l’insegnamento e il rispetto per l’allenatore e lo sport dando delle regole e curando il talento fino a portarlo alla sua maturazione. La disciplina è il rispetto delle regole di una forma di sport che noi sottoscriviamo e l’educazione è non il rispetto delle regole, ma il rispetto degli uomini. E’ sulla potenza delle storie personali che bisogna abbattere i muri della diffidenza. Il tennis è tecnico eppure comprensibile. E’ impegnativo, utile e consolante.
Cosa significa per te la passione per lo sport?
E’ una cosa che hai dentro e trasmetto quella voglia che io ho ancora dentro. La passione per il tennis è più forte di tutto. Emozione e passione non finiscono mai. E’ una chiave che ho dentro.E’ la voglia di raggiungere qualcosa. E’ l’impresa. E’ una forza che mi permette ancora oggi di scendere in campo e mettermi al servizio dei ragazzi. Sono un uomo di sport e allo stesso ho dedicato e dedico tutto me stesso e lo faccio ancora, e ho sempre avuto come principi guida il lavoro duro e la correttezza e grazie a questi principi ho ottenuto grandissimi risultati professionali.
Il tennis moderno predilige i parametri atletici e fisici, è un dato di fatto. Sono aumentate la velocità e la resistenza dei tennisti o delle tenniste, in seguito ad un radicale cambiamento negli allenamenti e nella preparazione fisica, con l’aumento dell’altezza e del peso delle stesse, in seguito alla dieta e alle trasformazioni sociali. Nonostante questo la tecnica continua ad essere l’indice max di qualità nel tennis? O bisogna recuperarla rendendola più sicura e dinamica?
Oggi il fisico compensa il talento. Sono più alti e più forti. Con la preparazione riescono ad andare avanti, anche se a parità di gioco viene fuori sempre chi ha più tecnica e qualità. Ma non sempre può servire.
6) Come vede il futuro del tennis in Italia?
Adesso è bloccato. Il momento negativo deve essere vissuto come una svolta per condurre ogni club ad un nuovo modo di pensare ed organizzare il lavoro. Bisogna ripartire dal basso, dai giovani, fulcro nevralgico dell’attività sportiva e formativa. Aspetti fondamentali ed irrinunciabili sono l’organizzazione e la comunicazione che abbinati ad un grande senso di appartenenza consentono di gestire tutto il settore. Però i giovani di prospettiva che abbiamo come Fogninidevono crescerein una visione di insieme. Anche come lavoro di squadra è importante lavorarci e crederci. Far capire ai giovani oggi che niente è impossibile.
CESIDIO COLANTONIO