In una stanza lunga, larga, esuberante, semibuia, bagnata da un raggio di sole che finiva di spegnersi mentre le strade si facevano buie, giganteggiava un vecchio Farfisa in mezzo ad un mare di partiture musicali, dischi in vinile, montagne di libri tale da precipitare lo scrittore in un vortice di sentimenti estremi, oscillanti tra le vette del sublime e gli abissi dell’abiezione. Il silenzio sempre uguale e compatto era rotto solo dal cinguettio sempre più stoico di uccelli pronti a ricercarsi uno spazio nel cielo blu. Quando nondimeno il Farfisa era attinto a piene mani con la moderna “Wishing on a star” di Paul Weller per esempio, avevo sempre il dubbio che la sua musica venisse direttamente dal cielo e che lui stesse suonando in play back, come un sogno di mezza primavera, come se di lì a poco iniziasse il suono che richiama gli spettatori in uno stadio a cielo aperto.
Quando mi sono alzato stamane e ho poggiato prima il piede sinistro e poi il destro, il blues camminava tutto intorno il mio letto. Mentre facevo colazione è entrato nel buio della mia mente e si è fatto strada nel traffico di luci, di suoni e di macchine che venivano nel senso contrario. E quando ad un uomo vengono i blues salta su un Frecciarossa e va. Il Blues è facile da suonare, ma è difficile da sentire. “The blues is the roots, the rest is the fruits” diceva un tale Willie Dixon. Sono come fiumi carsici che scorrono nel tempo sotto la superficie e d’un tratto ricompaiono a sorpresa.
Del resto il blues è fondamentalmente ritmo, vibrazione, emozione. E’ desiderio, profumo e possibilità di interazione con la realtà attraverso gesti, formule, con molte caratteristiche che si dimostrano attitudini della creatività umana. Per questo motivo i concerti blues organizzano degli spazi pubblici di socialità nei quali i grandi chitarristi regalano sogni, vendono emozioni, idee, sentimenti, critiche, dubbi, cioè un insieme di impulsi razionali e di spinte emotive che si propagano come onde nel cuore e nella società. Essi parlano di vita, di politica, di religione, di denaro, di morale anche quando trattano di soggetti antichi o personaggi mitologici.
Come afferma Le Roy Jones: “Ognuno cantava e suonava un blues differente e ne esistevano tanti. Erano i cantanti, i chitarristi che determinavano come si dovesse cantare e suonare. Il blues nacque come musica che si cantava per le proprie esigenze, musica occasionale. Questa fu la sua grande forza e nel suo contempo la sua debolezza.