I ricordi di calcio sono vere emozioni. Grandi, forti, colorati, struggenti. Il goal è impeto, passione e la qualità paga sempre, anche quando i bei ricordi si fermano, fanno paura e vorrebbero portare via tutto. E’ un recupero tardivo, e la dimensione personale persino nei momenti più intimi riflette sempre ciò che accade in quella collettiva. “Sul campo è importante dare libertà ai giocatori, anche se all’interno di uno schema. La libertà è ammissibile solo se si produce il massimo rendimento dei giocatori di talento. La creatività non fa a pugni con la disciplina”diceva Cruyff, l’unico giocatore ad aver fatto due rivoluzioni, una con la testa, una con i piedi.
Di testa, con un filo sottile di rabbia, specialità della casa, su cross dalla trequarti mancina a centoottanta secondi dalla fine combinazione marchio juve. Questa novità cambia le partite. La forza, l’allenamento, la motivazione sono importanti come la tecnica. L’arrivo del professionismo ha cancellato le società di provincia, ma non il loro insegnamento. Ne fa anzi una base per la propria modernità nella quale la fatica diventa allenamento. La calciatrice simbolo dell’importanza della vecchia scuola è la Girelli, il grande talento, addetta alla pulizia del gioco dentro l’area di rigore, in silenzio, lavorando duramente. Disciplina profonda, grandi motivazioni costruendo speranze di ferro in un calcio aspro e incisivo.
Sentiva i fruscii dei tackle e capiva l’aria. Non cercava magagne, solo di togliersi di dosso il sudore della tensione. Faccia stretta, due occhi vivi, furbi, spietati, così vividi e impegnati che parevano sempre tremolare dietro l’ardore della bandiera italiana. Più aumentava la fatica, più era probabile il goal. L’esperienza, bene incommensurabile,
si tingeva in questa partita contro le argentine dei tenui ed insieme tenaci colori della gioventù quando tutto sembrava impossibile e la motivazione si nutriva di slanci e di speranze. “L’esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l’esame,poi ti spiega la lezione” diceva Oscar Wilde.
La fantasia ricopriva poi tutto con il riverbero delle tessere di un mosaico che delineavano quel miracolo che è la vittoria, con le mani fredde e umidicce per l’emozione e un nugolo di farfalle che gli svolazzavano nello stomaco, mentre con un colpo di testa fulminante gonfiava il sacco splendendo del fuoco delle estati e le mani a migliaia raggiungevano il diapason.
C’è spazio anche per loro. Possono giocare e pensare. Sono prestatrici di opera, bisogna sempre ringraziarle. Qualcosa accadrà al di là delle nuvole azzurre…