L’ho saputo da voce di corridoio. Quella voce che mi chiama, che risuona nel cielo azzurro come l’occhio di una bambina. Tante piccole città dentro un paese alle falde della Maiella, in cui le persone vivono vite parallele e differenti, a pochi centimetri di distanza gli uni dagli altri, che ha un potere forte, quasi magico di evocare una profonda nostalgia prima di andarsene, perchè il tempo passa in fretta, forse troppo.
La sera è fredda, mancavano i pinguini, ma era questione di attimi. Soffiava un leggero vento e l’umidità penetrava nelle ossa e le mordeva come i denti appuntiti di un alligatore. E quanta allegria, quanta ricerca di felicità da spartire nella musicale leggerezza, come se sfilasse su un cavallo bianco.
C’è una libertà immensa nell’arrendersi al potere della musica e nel lasciare che la stessa trasporti il corpo e la mente in luoghi sconosciuti dove di solito non ci avventuriamo. Il motore che elabora vibrazioni, suoni e armonie e li trasforma in ogni genere di stimoli e azioni. Suoni che riempiono lo spazio di Piazza Duval di Campo di Giove, il rumore che fa il mondo.
Lo spettacolo è iniziato. E’ come un segnale di continuità in un universo variopinto. E, come per magia si instaura un legame. I ricordi sono bellissimi perchè abbelliscono la patina del tempo che scorre nel suo divenire. La musica di qualunque genere è un ottimo riscaldamento neurologico delle regioni cerebrali del piacere. Poster di Baglioni, A mano a mano di Rino Gaetano, Se bruciasse la città di Ranieri, Unico grande amore de Il Volo, Generale di De Gregori, Destinazione paradiso di Grignani, un medley dei Pooh, Ogni volta di Vasco Rossi, alcune riarrangiate, perle ovunque e tantissime altre e il cervello assetato di feedback reagiva attivamente infiammando le passioni, favorendo la creatività e riallineando anche la mente nella sottile arte della concentrazione tra emozioni e sorrisi.
“Non è necessaria per la sopravvivenza umana, ma il nostro bisogno di musica sembra cablato nel nostro cervello” disse un tale Charles Limb. “Sweet dreams are made of this” cantavano gli Eurythmics. Bastano un titolo accattivante, gli A3, il groove giusto, le voci, il beat che arriva. Eppure questa è libertà, è la semplicità quando ci sono di mezzo dei talenti e il cuore galoppa come Usain Bolt.
Il direttore d’orchestra di questa sinfonia grondante di passione musicale italiana è il cuore che sembra incoraggiare un importante rilascio emotivo o in certi frangenti un maggiore senso di calma interiore in una piazza calorosa, eterna, dove il silenzio è squarciato dalle voci e dalla musica degli A3 che riesce a dare una scossa al cuore del pubblico.