E su Minà : era un sognatore con il gusto del racconto, e da lui abbiamo imparato la passione, la curiosità, l’umanità, la professionalità, la cultura. Una vita da giornalista di razza, autorevole, fine osservatore che grandeggiava in quest’epoca di oscurantismo culturale. Ha raccontato alcuni grandi protagonisti dello sport e della cultura del mondo con sincera professionalità. La stessa non è abbinata al denaro; è qualcosa che hai dentro. E’ la voglia di raggiungere qualcosa, è l’impresa. Ha sfruttato il proprio talento come giornalista. Inviato speciale nel mondo. Spirito libero. Tante gocce di talento in un mare di passione. Sempre con un sogno nel cuore, che aveva la forma di un racconto, con la voglia di intervistare talenti, dare speranza e fiducia a chi cresce, conoscere realtà diverse e stringere mani poderose. Eccelleva negli sport, ma la sua attenzione non era sorda agli eventi internazionali. Lui che ha conosciuto Fidel Castro, Robert De Niro, il Subcomandante Marcos, Garcia Marquez, Muhammed Alì, Sergio Leone, i Beatles, Diego Armando Maradona, Luis Sepulveda, Martin Scorsese, Pino Daniele, Massimo Troisi… Ha costruito speranze di ferro su persone talentuose. Quando raccontava, nessuno lo poteva aiutare, perché chi racconta ha qualcosa di personale da dire. Era big energy, uno stato di animo, una sensazione di atmosfera. “Le persone silenziose sono quelle che hanno le menti più rumorose” diceva un tale Stephen Hauking. In ogni caso era un talento a sé, universale, trasversale, al di là dei generi. Le sue idee sgorgavano naturali come al pianoforte. Un’entusiasta che si cimentava in una disciplina nuova, che amava molto studiare quello che capitava nella società. Ne faceva un vanto, non un alibi contro il pathos prefabbricato. Era lui stesso a spargersi i colori sulla pelle. Restò il suo amore più viscerale. Era vestito da giornalista, l’antica passione condivisa. Senza spigoli, profondo, informava, ma faceva anche capire. Esibiva talenti miracolosi. Si davano del tu, ma un tu latino, austero, pensoso. Osservava come fanno i grandi attori, gli scrittori quando vogliono raccontare un personaggio. Amava molto viaggiare; era come l’oceano, non lo potevi bloccare, non lo potevi recintare. Il mare come origine di vita, come fonte di speranza, come promessa di futuro. Sorprendente nella sua funambolica visionarietà. Per lui c’era comunque una qualità eccelsa nelle persone che raccontava che arrivavano al cuore della gente. Mi colpiva molto la sua gentilezza, la sua riservatezza, da come si muoveva sembrava una rondine con i jeans. Il ricordo è un modo di incontrarsi. Ricordarlo è un mestiere rischioso, perché ha bisogno di stimoli forti, con l’avvento di internet e la globalizzazione della comunicazione, con il superamento delle barriere di tempo e di spazio che caratterizzano i mezzi tradizionali, che hanno determinato una diversa professionalità. Il ricordo che scolora i disagi e accarezza i sentimenti ad un modo di essere, a un’idea fine di bellezza. Dovrebbe bastare per infondere speranza nei cuori e in un mondo migliore possibile. Ciao Minà.
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